La rosa selvatica, Jennifer Donnelly

Titolo: La rosa selvatica
Autore: Jennifer Donnelly
Pubblicazione: Milano : Sonzogno, 2013
Pagine: 592

Quando esco da una lettura noiosa e deprimente (e non mi riferisco al post precedente a questo, ovviamente) devo andare sul sicuro. Questa volta era una vera scommessa, perché il libro è lunghetto e per la sfida di lettura a cui sto partecipando avevo poco tempo per leggerlo. Meglio però un libro così che sorbirmi un romanzo più breve ma magari meno coinvolgente.
Arrivare alla fine di una trilogia (I giorni del tè e delle rose e Come una rosa d'inverno) mi lascia sempre quella doppia sensazione di soddisfazione e smarrimento, come chi perde un'àncora sicura.
Comunque, mentre i primi due romanzi sono romance a tutti gli effetti, laddove gli eventi storici fanno da cornice alla storie d'amore appassionate dei protagonisti, in quest'ultimo capitolo è esattamente il contrario. Ci sono le storie dei fratelli Finningan, che mi hanno fatto commuovere e parteggiare come negli altri due, ma c'è la Grande Storia come protagonista.
Il romanzo è ambientato infatti durante la prima guerra mondiale, e fa  da filo conduttore  un losco personaggio, Max Von Brandt, spia tedesca a Londra, che con furbizia e mancanza di scrupoli tesse una pericolosa rete di collaborazionismo filotedesco nella capitale.
Jennifer Donnelly ci fa entrare nella guerra come è vissuta della gente comune, nelle famiglie che perdono figli e mariti, negli ospedali, dove i traumi da bombardamento sono danni assimilabili alle amputazioni di guerra, nella Camera dei Comuni insieme al partito laburista. E poi ci fa viaggiare in tutto il mondo: dalle vette tibetane, al deserto insieme a Lawrence d'Arabia, a Parigi e naturalmente nei sobborghi londinesi.
Il bello dei romanzi della Donnelly è che non si possono leggere senza tifare per qualcuno: i buoni e i cattivi sono ben demarcati; gli uomini sono sempre premurosi, generosi e cavalieri (a parte i cattivi, che sono sempre cattivi), e le donne sempre animate da grandi ideali, in questo romanzo sono impegnatissime nella causa delle suffragette.  Questa semplificazione  dei personaggi, che potrebbe sembrare un limite, in realtà rappresenta il luogo sicuro del lettore, la famiglia nella quale difficilmente troverà delusioni, senza contare non è possibile lasciare la lettura finchè non è resa giustizia. 
 Faccio eccezione per Seamie, ultimo dei fratelli Finnengan, anche se è una mia personalissima opinione, e capisco che tutto il romanzo ha cercato di convincermi del contrario:  la sua storia d'amore con l'amante, Willa, protagonista audace, indistruttibile, determinata, indomita, non è riuscita a conquistarmi.
A parte questo, spero ancora che ci sia una quarta parte.

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