L'amore molesto, Elena Ferrante

Titolo: L'amore molesto
Autore: Elena Ferrante
Pubblicazione: Roma : E/O, 1992
Pagine: 176

Ero molto curiosa di leggere l'esordio della Ferrante, per scoprire quale frammento potevo riconoscere nella tetralogia che l'ha resa famosa, e che ho amato molto.
In quella quadrilogia si fa riferimento ad un romanzo d'esordio, dopo il quale la protagonista non aveva scritto molto, per lungo tempo, e che le aveva provocato ostilità e risentimento  in famiglia, soprattutto nella madre. Sospettavo che si riferisse vagamente a questo, e credo di non essermi sbagliata.
Non ho visto il film, perciò non avevo una idea precisa di quello che mi aspettava.

Una lettura tosta, senza giri di parole.
Il romanzo inizia con la morte suicida della madre di Delia, Amalia. Un incipit che mi ha conquistata solo per il fatto che nomina luoghi che conosco molto bene. Dopo l'incipit, però, è iniziato il delirio.
Prosegue poi con un flusso di coscienza che indaga il rapporto madre-figlia: un rapporto conflittuale e simbiotico. Delia, che abita a Roma, torna a Napoli, per i funerale e le incombenze che seguono la morte della madre. Ma niente di questo ci viene raccontato: tutto segue i pensieri, i ricordi frammentari e le emozioni di Delia.
Tutta la prima parte è addirittura onirica: Delia è perseguitata dalla figura materna, che le appare sotto forma di incubo appena mette piede nella casa materna.
Delia comincia qui a disseppellire il passato familiare: un padre insoddisfatto e violento, un presunto amante della madre, uno zio bestemmiatore e complice del padre, e sua madre. Una donna dalla quale credeva di aver preso le distanze; tanti anni a raccontarsi di essere diversa, e che ora invece scopre, suo malgrado, così simile, anche fisicamente.
Una distanza maturata nella sofferenza dello smarrimento: da bambina Delia l'aveva amata, l'aveva sostenuta nella separazione dal padre, un pittore geloso che non esitava ad alzare le mani, aveva cercato a suo modo di proteggerla (la scena del cinema all'aperto in questo è emblematica: lei che si guarda intorno, per prevenire gli sguardi degli uomini sulla madre, che avrebbero fatto infuriare il padre). Ma Amalia l'aveva ricambiata tenendola fuori dalla sua vita, dalle sue amicizie, dalle sua allegria. Aveva confuso la figlia, non svelandosi per quella che era, ma vivendo sul filo dell'ambiguità. E questa ferita aveva innescato la colpa. Delia aveva parlato al padre, accusando la madre di avere un amante, o almeno questo è quello che credeva. Il senso di colpa per aver tradito la madre aveva offuscato nella memoria la violenza che aveva subito piccolissima.
In una Napoli soffocante, ricca di un dialetto osceno, di violenza quotidiana, (anche qui compare il "rione", che tanta parte ha nei quattro libri dell'Amica geniale) Delia deve affrontare quello che voleva rimuovere. Solo così riuscirà a fare un passo in più verso la sua identità.
L'amore molesto è tale non solo per la violenza che ha subito, ma anche per i laidi personaggi maschili che compaiono in questo libro: dallo zio, che non fa  che riversare sugli altri il suo rancore, al padre, che non è mai cambiato, e ancora anziano continua a non risparmiare violenza,  a questo "Caserta", la cui ombra compare fin dalle prime pagine, ossessionato dalla madre, feticista e viscido.
Un romanzo psicologico, dallo stile ricco e un po' ostico, che contiene in nuce molti degli elementi che si ritrovano nel suo capolavoro celeberrimo.
Questo post partecipa alla Reading challenge LGS come libro d'esordio.

Commenti

Storie del blog